martedì 19 agosto 2008

Una crisi del Diavolo, gran finale xD

Quella mattina Ettore fece più fatica del solito a svegliarsi; gli sembrava di avere dei macigni al posto degli arti ed ogni movimento gli costava una fatica enorme.
L’idea di non aprire il bar non lo sfiorò nemmeno; in cinquant’anni di onesta carriera lavorativa, era rimasto chiuso solo due volte: la prima era stata quando sua moglie aveva partorito ed aveva dovuto accompagnarla in ospedale; la seconda quando l’avevano operato di appendicite e non era riuscito a lasciare l’ospedale prima dell’ora degli aperitivi.
Stava legando la bicicletta di fronte al bar quando, con suo immenso stupore, si accorse che al suo fianco c’era il suo cliente misterioso, con quell’improbabile camicia hawaiana.
Ettore lo salutò cordialmente; gli piaceva quell’omone. “E’ in anticipo oggi. Di solito la vedo per l’ora di pranzo.”
Lucifero gli sorrise. “Ha ragione, ma oggi la volevo salutare.”
Ettore sollevò la saracinesca. “Ah, va da qualche parte?”
L’uomo gli diede una mano e scosse la testa, dispiaciuto. “No, io no.”
“Allora entri che le preparo un bel caffè.”
Ettore morì un paio d’ore dopo. Nel bar, al momento, non c’era nessuno e quindi nessuno poté vedere, per l’ultima volta, quel sorriso sornione illuminargli il viso, al pensiero di come avrebbe reagito la figlia una volta letto il suo testamento.

Belzebù ed Astaroth sedevano uno accanto all’altro nell’ufficio che, un tempo, era stato di Lucifero.
“Beh, a quanto pare ci siamo; tra poco si saprà a chi spetta governare l’Inferno.” disse Belzebù strofinando lentamente con una pezzuola le lenti dei suoi nuovi occhialini tondi.
Astaroth scosse le spalle, con fare annoiato.
“Si può sapere cha hai?” gli chiese Belzebù. “Sembra quasi che la cosa non ti interessi.”
“E se così fosse?”
In quell’istante suonò il telefono. Entrambi si fissarono emozionati, trattenendo il fiato.
“Ah, ma allora ti interessa tamarro che non sei altro….” pensò Belzebù, rispondendo al telefono e azionando il vivavoce.
La voce eccitata di una diavolessa irruppe nella stanza. “Signori Astaroth e Belzebù, buongiorno. Finito lo spoglio delle schede siamo finalmente in grado di comunicarvi chi sarà, da oggi in poi, il nuovo reggente dell’Inferno.Siete pronti?”

C’era voluto qualche mese ma, alla fine, il notaio Delfino era riuscito a rintracciare “l’omone rubizzo con la camicia hawaiana” indicato da Ettore come nuovo proprietario del suo bar, e ogni volta che gli capitava di passare da quelle parti non poteva fare a meno di pensare che aveva scelto proprio la persona giusta come erede.
Il bar, che adesso si chiamava “Da Lu”, era uno dei più noti e frequentati del paese; aveva anche un suo aperitivo, l’”Inferno” che, a detta di tutti, aveva un sapore celestiale, a dispetto del nome. La ricetta era un segreto e girava voce che il proprietario avesse rifiutato l’offerta di una nota casa produttrice di bibite per commercializzarlo su larga scala.
Quando qualcuno gli chiedeva se non si stancasse a stare al bar tutto il giorno, l’omone scuoteva la testa divertito e rispondeva: “Ma questo è niente; dove lavoravo prima, quello sì, era un vero inferno.”

Belzebù era nervoso; aveva appuntamento col Nuovo Principe delle Tenebre da lì a pochi minuti ed era terribilmente in ritardo. Mentre si affannava a percorrere il corridoio si mise a ripensare agli ultimi avvenimenti accaduti all’Inferno...ancora non riusciva a credere di avere perso le elezioni; era così sicuro di avere la vittoria in pugno. E invece…invece gli toccava sgobbare come un dannato, senza un attimo di sosta e senza riconoscimento alcuno. Non c’è giustizia in questo Inferno!!!!
Finalmente era arrivato, e con solo un minuto di ritardo sull’orario previsto; stava per bussare quando Astaroth spalancò la porta.
Rimasero a fissarsi, immobili, per un istante che sembrava infinito, poi Astaroth parlò:
“Vai, ti aspetta ed è incredibilmente nervoso.”
Si incamminò lungo il corridoio con la sua andatura dinnoccolata, ma dopo pochi passi si voltò nuovamente verso di lui. “Buona fortuna.”
Belzebù, per darsi un tono, ravvivò il nodo della sua cravatta regimental e riposizionò meglio gli occhialini sul naso, fissando con terrore la targa in metallo dorato, assicurata, con precisone millimetrica, al centro esatto della porta:

Rag.Rossi
Direttore Infernale
Penitenze, torture e affini
Per Dio, quanto gli mancava Lucifero…

6 commenti:

vignez ha detto...

Hi hi hi... come al solito complimenti cara, il racconto è bellissimo... La scelta comunque è azzeccatissima, ragionieri e commercialisti hanno un che di diabolico...

Vera ha detto...

grassie vigne bello, secondo me sei troppo buono, ecco ^^
vero....commercialisti diabolici.....

dejo ha detto...

bello,è finale molto fantasioso e buffo!!grazie per averci regalato questo stupendo raccontino!!

Gea ha detto...

mi associo! very compliments cara verolla... il diavolo barista mi mancherà, mentre il commercialista nuovo capo dell'inferno mi fa mooOoolta paura!
presto! presto! un altro racconto! un altro racconto!:)

Unknown ha detto...

Poveri Belzebù e Astaroth, fanno quasi pena! Molto più furbo il vecchio ’Lu!

Anonimo ha detto...

ehm... dici che il caro vecchio Lu' me la consegna la ricetta del suo cocktail infernale?
-cri-