sabato 16 agosto 2008

Una crisi del Diavolo, parte 3

Il signor Rossi, contabile, era sempre stato una persona molto precisa, per cui quando morì il 10 Ottobre alle 10 e 10 non poté fare a meno di provare un brivido d’orgoglio. La sicurezza di finire all’inferno per una storia di fatture truccate non lo turbava più di tanto; era sicuro che grazie alla sua attenzione per i dettagli sarebbe riuscito a trascorrere l’eternità nel migliore dei modi.
Dopo aver attraversato un tunnel pieno di luce si trovò in una grotta sotterranea. Una persona più sensibile avrebbe probabilmente perso qualche minuto ad ammirare le meravigliose stalattiti che, scendendo dalla volta, si univano alle stalagmiti, dando alla grotta l’aspetto di una cattedrale gotica, ma il signor Rossi non era tipo da perdersi in finezze geologiche, per cui proseguì.
Dopo settantadue minuti esatti, si ritrovò di fronte ad una scrivania, dietro a cui era seduta una diavolessa che, vedendolo arrivare, gli sorrise con fare affabile.
“Benvenuto all’inferno, signore. Sono Lilu, posso fare qualcosa per lei?”
Il signor Rossi sorrise a sua volta, felice di aver trovato qualcuno a cui chiedere finalmente informazioni.
“Certo mia cara, avrebbe la cortesia di illustrarmi con la maggiore precisione possibile la tipologia di tortura a cui sarò soggetto per l’eternità?”
La diavolessa sembrò molto imbarazzata nel rispondergli.
“Mi dispiace signore ma in questo momento non mi è proprio possibile soddisfare la sua richiesta; l’Inferno si trova in un periodo di transizione e questo ci porta ad avere seri problemi organizzativi.”
Il signor Rossi si rabbuiò.
“Vuole dire mia cara che non verrò immerso nell’olio bollente?”
Lilu, sempre più imbarazzata, prese ad attorcigliarsi la coda tra le dita.
“Ehm…purtroppo no. Le scorte di olio sono terminate cinque giorni fa e nessuno ha provveduto a riordinarle. Mi dispiace molto.”
“Una terribile mancanza, in effetti. Verrò quindi fustigato per l’eternità?”
“No signore, mi spiace deluderla nuovamente ma il sindacato dei fustigatori è in sciopero ormai da due settimane.”
Il signor Rossi cominciava davvero ad essere seccato.
“Travolto da una bufera incessante e sbatacchiato qua e là?”
“Niente vento, il generatore è rotto.”
“Costretto a trasportare su per una montagna un grosso masso per poi vederlo inevitabilmente rotolare a fondo valle e ricominciare tutto da capo?”
“Anche gli scalpellini addetti a intagliare i massi sono in sciopero.”
“Sepolto sotto il ghiaccio con gli occhi congelati?”
“Le ho già detto del generatore, vero?”
“Costretto a camminare in eterno con la testa rivolta al contrario?”
“Se è una dote naturale…”
Il signor Rossi sbottò, esasperato.
“Non è possibile! Siete disorganizzati ad un livello insostenibile! Vi dovreste vergognare! Voglio esporre un reclamo formale!”
La diavolessa sembrò ringalluzzirsi. “Ecco sì, bravo, quello lo può fare. Prosegua dritto lungo il corridoio di destra fino alla porta dell’ufficio reclami.”
Il signor Rossi partì in quarta deciso a farsi giustizia, ma mentre avanzava lungo il corridoio, finalmente capì. Sarebbe stata quella la sua punizione: probabilmente l’ufficio reclami sarebbe stato una vera e propria bolgia, con migliaia di dannati ammassati in una stanza senz’aria condizionata aspettando in coda il proprio turno per l’eternità.
Ora che sapeva a cosa andava incontro si sentiva molto meglio. Riusciva quasi ad apprezzare anche la sorpresa fattagli dalla diavolessa addetta alla reception; ogni tanto un pizzico di imprevisto, in effetti, non guastava.
Arrivò di fronte alla porta dell’ufficio reclami carico di aspettativa. Poggiò solennemente la mano sulla maniglia e spinse con veemenza, pronto ad affrontare la sua punizione con dignità.
L’ufficio reclami era una stanza ampia e piuttosto luminosa, considerando che si trovava chilometri e chilometri sotto il manto terrestre; i muri erano colorati in tinte pastello e, dietro ad uno sportello, una diavolessa in tailleur sorrideva cortese al signor Rossi.
“Prego signore, si accomodi. Troverà i moduli per le varie tipologie di reclamo sullo scaffale alla sua destra, accanto alle matite. Può sedersi a compilare il modulo in tutta calma a quella scrivania là in fondo. Non esiti a rivolgersi a me per qualsiasi dubbio o necessità di chiarimenti. Le auguro una felice permanenza all’Inferno.”

Astaroth era stravolto; per gli ultimi due mesi non aveva fatto altro che dedicarsi alla campagna elettorale. Vagare di girone in girone, di cerchio in cerchio, era una vera faticaccia. Lo confortava unicamente la certezza di avere, praticamente, la vittoria in pugno.
I suoi comizi erano dei veri e propri eventi; altro che quei noiosissimi simposi tenuti da Belzebù con ore ed ore di spiegazione con grafici e statistiche di produttività.
No, lui faceva le cose in grande! Fuoco, fiamme, diavolette coriste in bikini, pipistrelli che si libravano sul palco…sembrava un concerto di Ozzy Osbourne. Si era procurato un nuovo completo di pelle nera: gilet, pantaloni e stivali, ed entrava sul palco a cavallo di un Harley Davidson. La folla lo acclamava! Oramai il giorno delle elezioni era una pura e semplice formalità.
Per quella sera era previsto il primo confronto tra lui e Belzebù. Mentre percorreva i corridoi che portavano al suo alloggio non poteva fare a meno di immaginare l’ovazione dei dannati al suo ingresso sul palco e la conseguente delusione dell’avversario; sul suo volto comparve un sorriso maligno che si spense subito, non appena si accorse delle voci.
“…e quell’imbecille di Astaroth? Con quel completino da cacciatore di taglie di provincia?!”
“Che idiota! E come si esalta quando, per prenderlo in giro, la folla lo acclama. Chissà per stasera cosa ci ha preparato? Come minimo suonerà l’Inno Infernale e poi spaccherà la chitarra elettrica in mille pezzi…”
Terrorizzato si rese conto che i proprietari delle voci si trovavano a pochi metri da lui, giusto dietro l’angolo, e che, sghignazzando come pazzi, si avvicinavano rapidamente.
Si guardò intorno ma non vi era modo di evitarli. Rimase lì, al centro del corridoio, paralizzato dall’imbarazzo, finché i due demoni non gli si avvicinarono, con grandi sorrisi sul volto.
“Astaroth, grande! Non vediamo l’ora di vederti sul palco questa sera.”
“Sì, davvero, non stiamo più nella pelle. Saremo in prima fila.”
Li guardò allontanarsi, ridendo sguaiatamente e dandosi di gomito; poi, lentamente, riprese a camminare verso il suo alloggio, trascinando dietro di sé la lunga coda.

4 commenti:

dejo ha detto...

uhm,uhm,questo racconto inizia a provocare dipendenza....sono sempre più curioso!!

Vera ha detto...

dai, tieni duro dejo bello, è quasi finito :D

vignez ha detto...

Povero Astaroth... anche i diavoli-tamarri hanno un cuore...

Vera ha detto...

sì, sanguinante con sotto la scritta Mom...in puro stile old school xD xD